Vittorio scrive:
Se Varanasi fosse descrivibile con esempi, mi riferirei paradossalmente al pannello centrale di un famoso trittico di Hieronymus Bosch, Il giardino delle delizie terrene , dove tutto è innaturale, dal tema, alla prospettiva spaziale, alla sua dimensione senza tempo; un dipinto dove le figure sono immerse in uno spazio falso, che non esiste. Insomma, un incubo senza proporzioni in cui i simboli stessi, animali e vegetali, gli oggetti e i congegni fantastici s'intrecciano in una fantasmagoria surreale, assillano lo sguardo e lo distraggono con colori lividi e teneri al tempo stesso. Tutto è apparente: un groviglio di percorsi che nasce da una potente imma-ginazione o da un'allucinazione per esprimere un sogno o forse il bisogno di salvezza per l'uomo prigioniero in un labirinto di simboli misteriosi. Ma in realtà, non c'è un sorriso, non c'è una speranza e non ci sono soprattutto delizie. Ecco, così è Varanasi, ma non per gli indù.